Posts Tagged ‘terra’
dal Portogallo: Fernando Pessoa
12/02/2020Dal Cile: Pablo Neruda
08/08/2019Neruda, allora giovane diplomatico in Birmania, scappò ad un amore locale, troppo possessivo, timoroso per la propria vita. Sulla nave che lo portava altrove scrisse questa poesia che, probabilmente, mai venne letta dalla donna, di lui ferocemente innamorata.
Tango del vedovo
Oh maligna, avrai già trovato la lettera, avrai già pianto con furia
e avrai insultato la memoria di mia madre
chiamandola cagna putrefatta e madre di cani,
avrai già bevuto da sola, in solitudine, il tè della sera
guardando le mie vecchie scarpe vuote per sempre
e non potrai ricordare i miei malanni, il mio dormire, il mio mangiare
senza maledirmi ad alta voce come se io fossi ancora lì
a lagnarmi dei tropici dei coolies corringhis*,
delle febbri velenose che mi hanno rifinito
e dei ripugnanti inglesi che odio ancora.
Maligna, in verità, com’è grande la notte, com’è sola la terra!
Sono tornato di nuovo nelle camere solitarie,
mangio nei ristoranti pietanze raffreddate, e di nuovo
butto per terra i pantaloni e le camicie,
non ho attaccapanni nella stanza né ritratti alle pareti.
Quant’ombra, di quella che albergo in cuore, darei per riaverti
e quanto minacciosi mi sembrano i nomi dei mesi
e che suono di lugubre tamburo ha la parola inverno!
Sotterrato vicino al cocco troverai più tardi
il coltello che ho nascosto per timore che tu mi uccidessi,
e ora all’improvviso vorrei fiutare la sua lama da cucina
abituata al peso della tua mano e al fulgore del tuo piede:
sotto l’umidità della terra, tra le sorde radici,
delle umane parole il poveretto non saprà che il tuo nome,
ma la grossa terra non capisce il tuo nome
fatto d’impenetrabili sostanze divine.
Come mi angoscia pensare alla sfolgorio delle tue gambe
distese come ferme e dure acque solari,
alla rondine che dorme e vola nei tuoi occhi,
al cane di furia che alberghi nel cuore,
così vedo anche quanta morte c’è tra noi due da quest’ora
e respiro nell’aria cenere e distruzione,
il lungo, solitario spazio che mi circonda per sempre.
Darei questo vento del mare smisurato per il tuo brusco respiro,
che ho udito in lunghe notti senza oblio
congiungersi all’aria come la sferza al cavallo.
E per udirti orinare, nel buio, dal fondo della casa,
come versassi un miele sottile, tremulo, argentino, ostinato,
quante volte darei questo coro d’ombre che è mio,
e il rumore d’inutili spade che mi sferraglia nel petto
e la solitaria colomba di sangue che sta sulla mia fronte
a invocare cose scomparse, esseri scomparsi,
sostanze stranamente inseparabili e perdute.
Pablo Neruda
* Uomini di fatica locali
Uomo: “Chi sei ?”
23/03/2019
.
Era una goccia d’acqua e si confuse col mare.
Era un granello di polvere, si mescolò con la terra.
Che cosa più fu mai il tuo passaggio nel mondo?
Un moscerino comparve, e sparve poi di nuovo.
Omar Khayyam
dagli USA : Louise Glück
13/03/2019Legge non scritta
.
Interessante come ci innamoriamo:
nel mio caso, in modo assoluto.
In modo assoluto e, ahimè, spesso –
così era nella mia gioventù.
E sempre con uomini piuttosto giovanili –
immaturi, imbronciati, o che prendono timidamente a calci foglie morte:
alla maniera di Balanchine.
Né li vedevo come ripetizioni della stessa cosa.
Io, con il mio inflessibile platonismo,
il mio fiero vedere solo una cosa alla volta:
ho decretato contro l’articolo indefinito.
Eppure, gli errori della mia gioventù
mi rendevano senza speranza, perché si ripetevano
come è di solito vero.
Ma in te sentii qualcosa oltre l’archetipo –
una vera espansività, un’esuberanza e amore della terra
profondamente estranei alla mia natura. A mio merito,
benedissi la mia buona fortuna per te.
La benedissi in modo assoluto, alla maniera di quegli anni.
E tu nella tua saggezza e crudeltà
mi hai gradualmente insegnato l’assenza di senso di quel termine.
dal Brasile: Cecilia Meireles (1901-1964)
28/01/2019
.
Non cercare là.
Ciò che è, sei tu.
Sta in te.
In tutto.
La goccia è stata nella nuvola.
Nella linfa.
Nel sangue.
Nella terra.
E nel fiume che si è aperto nel mare.
E nel mare che si è coagulato in mondo.
Tu hai avuto un destino così.
Fatti a immagine del mare.
Datti alla bocca azzurra del cielo.
Ma fuggi di nuovo a terra.
Ma non toccare le stelle.
Torna di nuovo a te.
Riprenditi.
Vita – Dai “Ricordi” di Marco Aurelio
21/03/2018“Vaneggiano gli uomini e sono stanchi della vita, quando non abbiano uno scopo a cui dirigere ogni sforzo e ogni pensiero”
“Della vita umana, la durata è un punto; la materia, fluente; il senso, tenebre; la compagine del corpo, corruzione; l’anima ragionevole, un aggirarsi perpetuo; la fama, cosa senza giudizio.”
“Ricordati che l’uomo non vive altro tempo che il presente, cioè un attimo, Il rimanente o lo ha vissuto o non sa se lo vivrà. Piccola cosa pertanto è il tempo che l’uom vive; piccola cosa l’angolo della terra dove egli vive; piccola cosa la fama anche più lunga ch’egli lascerà dietro di sé.
dall’Argentina: Mempo Giardinelli
04/01/2016
Quando non trovo l’amore,
quando lo cerco e mi sfugge,
quando lo prendo e lo lascio andare,
il mio cuore è un paese vuoto, terra rasa.
E’ una pagina bianca, zero assoluto,
irrefutabile nulla.
dagli Stati Uniti d’America: Sara Teasdale
06/09/2015Cadrà dolce la pioggia
Cadrà dolce la pioggia e si diffonderà il profumo della terra,
le rondini voleranno in cerchio stridendo;
canteranno le rane negli stagni a notte alta,
e i pruni selvatici biancheggeranno tremuli;
i pettirossi si vestiranno di penne di fuoco,
fischiando le loro ariette sugli steccati;
e nessuno saprà della guerra, nessuno
si curerà infine quando tutto sarà compiuto,
né albero, né uccello
farà caso all’umanità morente;
e la stessa primavera, quando si leva all’alba
appena s’accorgerà che ce ne siamo andati.
Sara Teasdale
(S. Louis 1884-1933, suicida)
della Natura
31/08/2015.
O natura, profonda e tranquilla, tu ignori il bene e il male e lasci l’uomo nella sua infinita miseria. Tu crei il bisogno, l’istinto, l’appetito, per cui il forte mangia il debole e il grande mangia il piccolo. Che importa! Nascete, andate, formicolate per la tomba.
VICTOR HUGO, Les chatiments
a chi per sfuggir la morte, in mare la morte trova navigando
09/05/2015Molti, in mare, i fuggitivi d’una sorte avversa. Scappar per fame, paura, vessazioni, odio, barbarie, persecuzioni. E morire d’un tratto tra i marosi, con la salvezza a tiro, col sapore del sale che s’avventa, in gola, a soffocare la speranza. Morire così, solo fra tanti “ultimi come Te”, pensando alla casa lontana, alla famiglia lasciata, alla tua vita che va …
D’un tratto ho ricordato d’aver letto, molti anni or sono, una poesia. L’ho ricercata. L’ho trovata. La propongo alla lettura degli amici e di tutti i lettori consueti ed occasionali, con il mio augurio di Buona Domenica e di buon inizio di settimana.
banzai43
AI DIOSCURI
Lasciate l’olimpo,
audaci figli di Zeus e di Leda,
e con animo a noi propizio apparite,
o Castore e Polluce,
che la terra e i mari
correte su rapidi cavalli.
A voi è facile salvare i naviganti
da pietosa morte, saltando da lontano
sull’alto delle navi folte di rematori:
girando luminosi nell’avversa
notte intorno alle gomene, portate
luce alla nave nera.
… (Salvatore Quasimodo)