Posts Tagged ‘sangue’

dall’Iraq: Nazik Al-Mala’ika

19/04/2020

INVITO ALLA VITA

Arrabbiati, ti amo arrabbiato e ribelle,

rivoluzione cocente, esplosione.

Ho odiato il fuoco che dorme in te, sii di brace

diventa una vena appassionata, che grida e s’infuria.

Arrabbiati, il tuo spirito non vuole morire 

non essere silenzio innanzi al quale scateno la mia tempesta.

La cenere degli altri mi è sufficiente, tu, invece, sii di brace.

Diventa fuoco ispiratore delle mie poesie.

Arrabbiati, abbandona la dolcezza, non amo ciò che è dolce

il fuoco è il mio patto, non l’inerzia o la tregua con il tempo

non riesco più ad accettare la serietà e i suoi toni gravi e tranquilli.

Ribellati al silenzio umiliante 

non amo la dolcezza 

(more…)

dalla Spagna: José Manuel Fajardo

06/04/2019

S o n e t t o

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Ad un sonetto affido la rivalsa,

che non curato amore non va via

e gemo e maledico la follia

d’amare senza gioia né speranza

La dama per cui scordo ogni tempranza

concede spudorata l’alma  ria,

si dona, si spartisce, fa razzia

d’altrui lode e piacere in abbondanza.

Ed io che mai seppi esserle infedele,

mia non so farla con pugnale o brando:

versi costretti a così amaro miele

bevono, è forza, inchiostro avvelenato,

perché all’ora di scriver vale il fiele

quanto o di più del sangue atossicato.

dal Brasile: Cecilia Meireles (1901-1964)

28/01/2019

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Non cercare là.
Ciò che è, sei tu.
Sta in te.
In tutto.
La goccia è stata nella nuvola.
Nella linfa.
Nel sangue.
Nella terra.
E nel fiume che si è aperto nel mare.
E nel mare che si è coagulato in mondo.
Tu hai avuto un destino così.
Fatti a immagine del mare.
Datti alla bocca azzurra del cielo.
Ma fuggi di nuovo a terra.
Ma non toccare le stelle.
Torna di nuovo a te.
Riprenditi.

dal Nicaragua: Ruben Darìo (Metapa 18.1.1867 – Leon 6.2.1916)

21/01/2019

NOTTURNO

Silenzio della notte, doloroso

silenzio notturno …

Perché l’anima trema a questo modo?

Odo il rombo

del mio sangue:

dentro il mio cranio passa una tormenta

soave. L’insonnia!

E non si può dormire. E tuttavia

si sogna.

e sul banco anatomico se stesso

uno seziona, ed è il suo proprio Amleto.

Sciogliere la tristezza

entro un vino notturno,

nella coppa preziosa delle tenebre.

E mi domando: Quando verrà l’alba?

S’è richiusa una porta …

E’ passato un viandante …

Tre rintocchi alla torre … Oh, che sia Lei?

 

un artista italiano: Salvatore Fiume

14/01/2019

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Salvatore Fiume (Comiso 23.10.1915 - Milano 3.6.1997) 

Pittore, scultore, architetto, scenografo, scrittore

fu anche poeta. Eccovi una composizione tratta da “Scrivo a Te donna”

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Adesso tu

stai dormendo ed io

ti vedo

come se tu fossi assopita qui,

nel mio studio.

Conosco il tuo modo di dormire,

conosco il tuo respiro,

le tue mani,

i piedi che ho tanto baciato.

Tutto ciò che sei

nello spirito e bella carne

percorre continuamente

il mio corpo

insieme al mio sangue.

Ma altri fermeranno

questo incanto

e non potremo far nulla per evitarlo.

Mi costi anche la vita

mi costi qualunque pena,

questo amore, non lo allontanerò,

dalla mia anima.

del sangue e dell’amicizia

11/03/2018

“Il sangue potrà essere denso, ma non sarà mai solido quanto l’amicizia” 

VIET THANH NGUYEN, 
dal romanzo "Il simpatizzante"

Brexit: Gran Bretagna, Europa e Vincenzo Monti

06/11/2016

Di questi tempi si parla molto di Brexit. Della fuoriuscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Dell’indicazione da parte della Suprema Corte Londinese del Parlamento e non del Governo di Sua Maestà, quale Organo decisore ultimo circa tempi e modalità della separazione. Si tocca con mano il fastidio e l’irritazionevincenzo-monti di molti Governi. Di quello tedesco in particolare. Storico è l’odio-amore dei francesi per i dirimpettai inglesi. E l’Italia?

Non so bene quali siano, se ve ne sono, precedenti storici di antipatia fra britannici ed italiani. Certo è che qualche cosa deve esserci o, quanto meno esserci stato per il “nostro” Vincenzo Monti se, in un passato poco prossimo (siamo nel 1802) ebbe a scrivere:

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All’Inghilterra

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Luce ti nieghi il sole, erba la terra.

Malvagia che dall’alga e dallo scoglio

Per la via de’ latron salisti al soglio

E con l’arma di Giuda esci alla guerra.

Fucina di delitti, in cui si serra

Tutto d’Europa il danno ed il cordoglio,

Tempo verrà che abbasserai l’orgoglio

Se stanco alfin pur Dio non ti sotterra.

La man che tempra dei Latini il fato

Ti scomporrà le trecce, e fia che chiuda

Questo di sangue umano empio mercato.

Pace avrà il mondo, e tu, feroce e cruda

Nel mar tiranno, all’amo abbandonato

Farai ritorno, pescatrice, ignuda.

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Azincourt 1415: inglesi e francesi per il regno di Francia

03/11/2016

Azincourt domani: 601 anni dopo. Anniversario di una battaglia leggendaria

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Era il 25 ottobre 1415 (4 novembre secondo l’attuale calendario gregoriano), un’umida giornata senza sole dopo giorni di pioggia intensa. Sull’altipiano di Azincourt si fronteggiavano inglesi e francesi per combattere una battaglia che sarebbe entrata nella leggenda prima che nei libri di storia e attraverso Shakespeare nell’imperitura memoria delle genti.

Enrico V re d’Inghilterra, alla testa di un esercito piccolo, ma ben equipaggiato, era salpato da Southampton ed approdato in Francia per rivendicarne il trono detenuto da Carlo VI. Intenzione degli inglesi era impossessarsi rapidamente della città di Harfleur, porto normanno (ora assorbito dalla città di Le Havre) per poi marciare verso l’interno. Ma le cose andarono diversamente. La città cadde dopo una strenua resistenza capeggiata da Raoul de Gauncourt e l’esercito inglese, già provato dalle fatiche dell’assedio, venne decimato da un’improvvida epidemia di colera.

Re Enrico allora, dopo aver lasciato ad Harfleur un presidio (che indebolì il suo esercito) decise di marciare verso Calais. Per giungervi erano previsti  8 giorni di marcia e l’attraversamento del fiume Somme. Ma i guadi erano presidiati dai Francesi ed Enrico moltiplicò i giorni di marcia alla ricerca di un nuovo passaggio, spingendosi all’interno e molto assottigliando le scorte di cibo. Quando il nuovo guado fu trovato, i francesi erano già arrivati con un esercito ancor più forte che in precedenza e, di fatto, avevano preso i trappola gli inglesi.

Sul campo, secondo stime attendibili, 30 mila francesi fronteggiavano 6000 inglesi (5000 dei quali arcieri, gallesi ed inglesi). Re Enrico decise di avanzare, i francesi di attaccare.

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Il terreno non poteva essere peggiore. Arato profondamente per la semina invernale del frumento e reso fangoso  dalle piogge, rendeva difficile il muoversi a uomini d’armi, pesantemente armati e protetti da corazza e da cavalieri su animali protetti anch’essi da piastre metalliche.

Erano circa le 11 del mattino; tre o quattro ore dopo era tutto finito.

La prima carica della cavalleria francese venne fermata da un nugolo di frecce e da pali, a doppia punta, infissi di sbieco nel terreno. Fu una carneficina. La seconda e terza carica francese fu fatta da uomini stanchi, semi accecati dalle celate degli elmi calate, intralciati dal terreno scivoloso, dal fango e dai morti della prima carica che ostacolavano il passaggio.

Gli inglesi, rispetto ai francesi, combattevano con maggiore velocità di movimento, in spazi maggiori; uccidevano senza pietà isolando singoli francesi in difficoltà, assalendoli in due o tre. Gli arcieri inglesi ebbero grandi meriti nella vittoria. Esaurite le frecce abbandonarono gli archi e parteciparono al massacro armati di corte alabarde, spade e mazzuoli.

azincourt-5Nella battaglia, fra i francesi, persero la vita 4000/5000 uomini d’arme, 1500 cavalieri ed il fior fiore della nobiltà, forse 98 nobili; fra essi i duchi di Alencon, di Bar, di Brabante, l’arcivescovo di Sens. Fra i prigionieri:  il duca d’Orléans, il duca di Borbone e Boucicault, Connestabile di Francia.

Gli inglesi ebbero perdite molto ridotte: circa 200. Fra queste il duca di York e il conte di Suffolk.

Enrico V, il re, combattè in prima linea con gran coraggio e salvò la vita al fratello Onfredo, ferito, duca di Gloucester.

Una fase della battaglia vide un’incursione francese contro le salmerie inglesi. Re Enrico, il cui esercito aveva già fatto molti prigionieri, guardati a vista nelle retrovie, temette che in un imminente contrattacco francese i prigionieri potessero prendere il sopravvento  sulle guardie. Ne decise allora la morte affidando agli arcieri le esecuzioni.

E’ la pagina nera della battaglia. Una decisione esecrabile, ma giustificata da un presunto nuovo scontro che avrebbe messo gli inglesi in grave pericolo e fors’anche modificato la sorte della battaglia.

La limpida vittoria di così pochi contro così tanti trasformò il fatto d’arme in un evento leggendario. Era il giorno di San Crispino e di San Crispiniano. Giornata di gloria, indimenticabile per gli inglesi. Giornata indimenticabile pure per i francesi, tragicamente indimenticabile, che la ricordano come “la malheureuse   journée”.

Concludo il post offrendovi, dall’Enrico V di Shakespeare,  uno stralcio del IV atto dove Re Enrico, prima dell’imminente battaglia, conversa con il conte di Westmoreland e dice:

“… In nome di Dio ti prego non augurarti che abbiamo un sol uomo di più. Per Giove! non sono avido di denaro, né mi curo di vedere chi mangia a mie spese; e non mi addoloro se altri porta i miei abiti: Tali cose esteriori non sono nei miei desideri: ma se è un peccato essere avido di onore, allora sono l’anima più peccatrice di questo mondo. No, cugino mio non augurarti  neanche un solo soldato che ci venga dall’Inghilterra.shakespeare Alla pace di Dio! Non vorrei perdere quel tanto d’onore che un sol uomo in più potrebbe condividere con me, neanche se andasse di mezzo la salvezza dell’anima mia. Oh! non desiderarne neanche uno; e, piuttosto, Westmoreland, fa’ proclamare in tutto l’esercito che chi non si sente l’animo di combattere se ne vada; gli daremo il passaporto e gli metteremo in borsa i denari per il viaggio. Non vorremmo morire con alcuno che temesse di esserci compagno nella morte. Oggi è la festa dei Santi Crispino e Crispiniano: chi sopravviverà e tornerà a casa, si leverà in punta di piedi e si farà più grande al nome di San Crispiniano. Chi non morirà oggi e vivrà fino alla vecchiaia, ogni anno, la vigilia, conviterà i vicini e dirà: “Domani è San Crispiniano”: poi tirerà su la manica e mostrerà le cicatrici e dirà: “Queste ferite le ebbi il giorno di San Crispino”. I vecchi dimenticano: egli dimenticherà tutto come gli altri, ma ricorderà le sue gesta di quel giorno … e fors’anche un pochino di più. E allora i nostri nomi, che saranno termini familiari in bocca sua, re Enrico, Bedford e Exeter, Warwick e Talbot, Salisbury e Gloucester, saranno ricordati di nuovo in mezzo ai bicchieri traboccanti: questa storia il buon uomo insegnerà a suo figlio. E sino alla fine del mondo il giorno di San Crispino e San Crispiniano non passerà senza che vengano menzionati i nostri nomi. Felici noi, noi pochi, schiera di fratelli; poiché chi oggi spargerà il suo sangue con me sarà mio fratello, e per quanto bassa sia la sua condizione questo giorno la nobiliterà: molti gentiluomini che dormono ora nei loro letti in Inghilterra malediranno se stessi per non essere stati qui oggi, e non parrà loro neanche di essere uomini quando parleranno con chi avrà combattuto con noi il giorno di S Crispino.” 

Dalla Grecia: Costantino Kavafis

14/01/2016

TORNAmarc-chagall-gli-innamorati

Torna sovente e prendimi,

palpito amato, allora torna e prendimi,

che si ridesta viva la memoria

del corpo, e antiche brame trascorrono nel sangue,

allora che le labbra ricordano, e le carni,

e nelle mani un senso tattile si raccende.

Torna sovente e prendimi, la notte,

allora che le labbra ricordano, e le carni …

delle battaglie da combattere

12/07/2015

Amo la Grecia intensamente e non ho nulla contro il popolo tedesco.

Conosco, come ormai tutti, gli inganni dei passati governanti greci perpetrati a danno dei cittadini ellenici così come non disconosco il montante risentimento germanico nei confronti dell’Ellade, alimentato ad arte dal Governo presieduto da Angela Merkel, preoccupata di perdere consensi alla prossima tornata elettorale ed in particolare dal Ministro delle Finanze Wolfgang Schauble che, apparentemente pieno di livore verso la Grecia tutta, sembra essere in grado di imporre il proprio volere alla Merkel, Cancelliere del Suo stesso Governo.

partenonePerché non dare respiro ad una Grecia stremata?

Perché volerla ancor più in ginocchio a pietire, a soffrire?

Perché volerla ancor più umiliare di quanto Lei stessa si sia sentita e si senta umiliata?

Ho seguito la vicenda Greca sin dall’inizio, analizzato la caduta del precedente Governo dopo l’affermarsi di Syriza, la nascita del Governo di sinistra, la leadership di Tsipras, le provocazioni di Varufakis,  il piano Junker, il Referendum e la prevedibile vittoria del No, la successiva capriola di Tsipras col piano da presentare all’Europa, con tantissime ruvidezze verso il proprio popolo, approvato dal Parlamento non senza avergli fatto perdere per strada parte dei propri compagni di partito.

Cos’altro vogliono la Germania e quelli che appaiono, ormai, come suoi  stati-satelliti. Anche il sangue dopo le lacrime? Un volgersi ad est della Grecia che potrebbe lasciare la NATO proprio quando meno certa è l’alleanza sul fronte turco? Navi da guerra russe libere di percorrere l’Egeo e, quindi, l’intero Mediterraneo? La penetrazione economico-politica cinese ancor più massiccia di quella da tempo strisciante? 

Non mi considero certo un politico, ma queste sono considerazioni che chiunque legga un quotidiano, pur se modesto, può fare senza fatica.

Giorni or sono ho ascoltato l’intervento di Tsipras in Europa. In alcuni passi sopra le righe, con tratti di demagogia, maTsipras pure con palesi verità e l’evidente necessità di risvegliare l’orgoglio greco per tenerlo ancora una volta unito, nella speranza come nella sofferenza. Ha tratteggiato un’Europa di burocrati, asservita alla finanza anziché alla ricerca della fratellanza, della cooperazione, della felicità. Un’Europa senza cuore, senza ideali, dove la misura dei pomodori o la polvere del latte contano di più di un bimbo che piange, di un vecchio senza mezzi per tirare avanti, di un padre senza lavoro.

Forse sarà questa l’Europa dell’immediato, un’Europa senza sogni destinata a dissolversi ed a lasciare ferite e rancori. Un’Europa senz’ali, prossima a schiantarsi per egoismo, per stupidità, per avidità.

Tsipras in tal caso avrà perso ed il Suo destino sarà quel che sarà, ma avrà combattuto la Sua battaglia per il rispetto dovuto ad un popolo quale che esso  sia.

Jaques Jaujard, responsabile museale francese degli anni ’50 ed eroe della resistenza di quel Paese pare aver detto:

“Ci sono battaglie che non è un disonore perdere.

E’ un disonore non combatterle”

Tsipras ha combattuto la Sua.

Buona domenica a tutti.

banzai43

a_caneinviaggio