SAPESSI DA DOVE
Sapessi da dove
viene il pianto
da quale blu del cielo …
Voglio
chiamarlo nostalgia di casa
dei tuoi
battiti del cuore.
Ernst Meister (1911 – 1979)
E il disco infuocato del sole declina nel mare vermiglio.
Ai confini della foresta e dell’abisso, mi perdo nel dedalo del sentiero.
L’odore m’insegue forte e altero, a pungere le mie narici
Deliziosamente. Mi insegue e tu mi insegui, mio doppio.
Il sole si immerge nell’angoscia
In una messe di luci, in un’esultanza di colori e di grida irose.
Una piroga sottile come un ago nella ferma intensità del mare,
Uno che rema e il suo doppio.
Sanguinano le rocce di Capo Nase, quando lontano si accende il faro
delle Mamelles.
Al pensiero di te, così mi trafigge la malinconia.
Penso a te quando cammino e quando nuoto,
seduto o in piedi, penso a te mattina e sera,
La notte quando piango e sì, anche quando sono felice
Quando parlo e mi parlo e quando taccio
Nelle mie gioie e nelle mie pene. Quando penso e non penso,
Cara penso a te.
Neruda, allora giovane diplomatico in Birmania, scappò ad un amore locale, troppo possessivo, timoroso per la propria vita. Sulla nave che lo portava altrove scrisse questa poesia che, probabilmente, mai venne letta dalla donna, di lui ferocemente innamorata.
Oh maligna, avrai già trovato la lettera, avrai già pianto con furia
e avrai insultato la memoria di mia madre
chiamandola cagna putrefatta e madre di cani,
avrai già bevuto da sola, in solitudine, il tè della sera
guardando le mie vecchie scarpe vuote per sempre
e non potrai ricordare i miei malanni, il mio dormire, il mio mangiare
senza maledirmi ad alta voce come se io fossi ancora lì
a lagnarmi dei tropici dei coolies corringhis*,
delle febbri velenose che mi hanno rifinito
e dei ripugnanti inglesi che odio ancora.
Maligna, in verità, com’è grande la notte, com’è sola la terra!
Sono tornato di nuovo nelle camere solitarie,
mangio nei ristoranti pietanze raffreddate, e di nuovo
butto per terra i pantaloni e le camicie,
non ho attaccapanni nella stanza né ritratti alle pareti.
Quant’ombra, di quella che albergo in cuore, darei per riaverti
e quanto minacciosi mi sembrano i nomi dei mesi
e che suono di lugubre tamburo ha la parola inverno!
Sotterrato vicino al cocco troverai più tardi
il coltello che ho nascosto per timore che tu mi uccidessi,
e ora all’improvviso vorrei fiutare la sua lama da cucina
abituata al peso della tua mano e al fulgore del tuo piede:
sotto l’umidità della terra, tra le sorde radici,
delle umane parole il poveretto non saprà che il tuo nome,
ma la grossa terra non capisce il tuo nome
fatto d’impenetrabili sostanze divine.
Come mi angoscia pensare alla sfolgorio delle tue gambe
distese come ferme e dure acque solari,
alla rondine che dorme e vola nei tuoi occhi,
al cane di furia che alberghi nel cuore,
così vedo anche quanta morte c’è tra noi due da quest’ora
e respiro nell’aria cenere e distruzione,
il lungo, solitario spazio che mi circonda per sempre.
Darei questo vento del mare smisurato per il tuo brusco respiro,
che ho udito in lunghe notti senza oblio
congiungersi all’aria come la sferza al cavallo.
E per udirti orinare, nel buio, dal fondo della casa,
come versassi un miele sottile, tremulo, argentino, ostinato,
quante volte darei questo coro d’ombre che è mio,
e il rumore d’inutili spade che mi sferraglia nel petto
e la solitaria colomba di sangue che sta sulla mia fronte
a invocare cose scomparse, esseri scomparsi,
sostanze stranamente inseparabili e perdute.
Pablo Neruda
* Uomini di fatica locali
Edmond JALOUX, Pensèes
.
Amore
dall’ombra
dal dolore
amore
ti sto chiamando
dal pozzo asfissiante del ricordo
senza che nulla giovi
né ti attenda.
Ti sto chiamando
amore
come il destino
come il sonno
come la pace
ti sto chiamando
con la voce
con il corpo
con la vita
con tutto ciò che ho
e che non ho
con disperazione
con sete
con pianto
come se tu fossi aria
e io affogassi
come se tu fossi luce
e io morissi.
da una cieca notte
da oblio
da ore chiuse
in solitudine
senza lacrime né amore
ti sto chiamando
come la morte
amore
come la morte.
……….Idea Vilariño
(Montevideo 18.8.1920 – 29.4.2009)
… molti sono i pericoli nella vita dell’uomo. Per terra e per mare, dentro e fuori di sé.
A tal proposito, fra i ricordi delle mie passate letture …
.
Tratto da “La scialuppa” racconto di Stephen Crane
Buona domenica a tutti
banzai43