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I Magi e la Befana. Appunti di viaggio

06/01/2023

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Buongiorno Amici, in occasione dell’Epifania ecco un mio piccolo racconto di fantasia. Un divertimento tanto per sorridere e far scorrere il tempo prima di coricarmi.

A Voi tutti Buona Befana

Gasparre, Melchiorre e Baldassarre, tre sapienti assai distanti fra loro, avevano fatto lo stesso sogno, avevano sentito la stessa voce:  “E’ nato il re dei Giudei, il bimbo che salverà il mondo.  Va da Lui, segui  la stella con la grande chioma argentea, ma prima fermati all’oasi d’Arogiti, quella ai margini del deserto. Vi troverai altri due saggi con i quali fare il viaggio. Andate insieme ad omaggiare il Piccolo e Tu, come loro, porta il dono più prezioso della tua terra.”

Fu così che i Magi (perché erano i re Magi, tanto per intenderci), ciascuno per conto proprio, si misero in cammino, s’incontrarono all’oasi indicato dal sogno, si conobbero e decisero di partire insieme l’indomani, dopo che i loro cammelli si fossero ben riposati, ben pasciuti e fatta scorta d’acqua per il lungo cammino.

Il mattino appresso però ecco la mala sorpresa! Qualche malintenzionato o semplicemente qualche dispettoso aveva sgonfiato i cammelli e nessuno dei tre compagni aveva modo di rigonfiarli.

Sconcertati fecero allora Consiglio. Decisero così di chiedere aiuto ai primi viaggiatori che fossero transitati dall’oasi e, in attesa, si misero a dormicchiare sotto le palme, accanto alla gorgogliante fonte dell’acqua.

Eran quasi appisolati quando udirono dei piccoli scoppi.  Si guardarono attorno e  videro una vecchina con un naso non indifferente ed un grande cappellaccio in testa, che stava prendendo a sberle il manico d’una scopa. Si avvicinarono pieni di curiosità e chiesero alla donna cosa stesse facendo, quale fosse il  torto della scopa, tale da essere percossa. “Non vuole più volare,  accidenti. Non s’accende più. Ed io ho fretta d’andare. Tanti camini m’aspettano”.  “Volare ?” disse Melchiorre. “Si volare” rispose malamente la vecchina: “Mai visto volare una scopa?”. “No” rispose il saggio. “Ho sentito di tappeti volanti, quelli si, ma di scope mai”. S’intromise allora Baldassarre, il più tecnico dei tre che, con garbo e voce suadente chiese alla vecchina: “Nonnina, cosa fai per farla partire? Con quali parole la induci ad alzarsi in volo?” La vecchina rispose sommessamente farfugliando qualche cosa a bassa voce. Baldassarre rimase pensoso, poi  il suo volto si illuminò e disse: “Ho capito. E’ scarica. Deve essere ricaricata. So come fare. Ci vuole la “Cantilena di Magica Ricarica”. E la vecchina, sorridendo senza un dente: “Dimmela allora”.  S’inserì allora Gasparre. “Aspetta Baldassarre, non dire nulla. Piacere per piacere. Tu fai volare la scopa, ma solo se la vecchina ci carica tutti e tre con i nostri doni e, seguendo la stella, ci porta dal Santo bambino”. E la vecchia: “Ma non vedi che il manico è corto? In quattro non ci possiamo stare”.

“Questo non è un problema” disse Melchiorre. “Al prolungamento del manico ci penso io”.

Baldassarre a questo punto guardò la vecchina che aveva confermato l’accordo con un cenno del capo e, detta la Magica Cantilena, ricaricò la scopa che subito rombò felice. Melchiorre, da parte sua, trasformò il manico in uno spazioso quattro posti con bagagliaio.

A questo punto la vecchina alzò il cappello, si grattò la testa, fece salire a bordo i tre illustri passeggeri coi loro doni, si mise alla guida e partì in un lampo verso la stella dalla lunga chioma.

Fu un’esperienza fantastica, volante vien da dire. Abituati ai cammelli il viaggio dei Magi fu inizialmente scomodo, ma veloce. Molto veloce. Arrivarono così ad una capanna dove un bimbo accudito da mamma e papà e riscaldato dall’alito d’un bue e d’un asinello, dormiva tranquillamente e irradiava luce, speranza e felicità.

I tre sapienti, allora, prima di prostrarsi in adorazione e consegnare i loro doni alla Sacra Famiglia, si volsero verso la vecchina, la ringraziarono e le chiesero come si chiamasse per potersi ricordare di Lei. “Hagi” rispose la donna, ma ricordatevi di me come “Befana” perché questo è il nome con cui sarò ricordata nei tempi a venire. E detto ciò s’involò fra le stelle.

a_caneinviaggio

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della solitudine

01/04/2020

Che strane giornate stiamo vivendo. Chi può lavora da casa, ma anch’esso come tutti s’ingegna a far passare il tempo il più rapidamente possibile. … così si arriva a sera, in attesa del giorno che verrà. Aumentare di un poco l’usuale lettura aiuta a spingere  la giornata verso la notte ed a perderci, forse, in situazioni nuove, personaggi diversi, riflessioni.

Oggi, con soggetto la solitudine, mi ha intrigato questo breve pensiero:

 

” Sai, disse, la solitudine fabbrica pensieri. La tua mente non produce suoni, ma le idee si rintanano, camminano, si fermano, ripartono, si visitano l’una con l’altra. Qualche volta prendi la penna o accendi il computer perché non vuoi perdere la compagnia di quella tale riflessione. Sai il pensiero che ti si sveglia in mente all’alba, con la prima luce, e ti accorgi che hai continuato a pensare per tutta la notte, mentre dormivi? Non devo scordarmene, ti dici, prendi il primo foglio che trovi, senti nella fronte l’attimo in cui il pensiero si pietrifica in parole. Scrivi senza guardare ciò che hai scritto. “

(tratto da Masada di Maria Grazia Siliato)

 

dal Nicaragua: Gioconda Belli

10/08/2019

 

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Poetessa, scrittrice, politica, rivoluzionaria, donna.

Un consiglio. Leggetela. .Non ve ne pentirete.

 

Io sono la tua indomita gazzella

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Io sono la tua indomita gazzella,
il tuono che rompe la luce sul tuo petto
Io sono il vento sfrenato sulla montagna
e il fulgore intenso del fuoco dell’ocote.
Io scaldo le tue notti,
accendendo vulcani nelle mie mani,
bagnandoti gli occhi col fumo dei miei crateri.
Io sono arrivata fino a te
vestita di pioggia e di ricordi,
ridendo la risata immutabile degli anni.
Io sono l’inesplorata strada,
la chiarezza che rompe la tenebra.
Io metto stelle tra la tua pelle e la mia
e ti percorro completamente,
sentiero dopo sentiero,
scalzando il mio amore,
denudando la mia paura.
Io sono un nome che canta e si innamora
dall’altro lato della luna,
sono il prolungamento
del tuo sorriso e del tuo corpo.
Io sono qualcosa che cresce,
qualcosa che ride e piange.
Io,
quella che ti ama.

Gioconda Belli 

dalla Russia: Vladimir Sergeevic Soloviev

17/03/2019

Mia cara, non credo

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Mia cara, non credo affatto alle tue parole,
né ai tuoi sentimenti, né ai tuoi occhi credo
e neppure a me stesso; credo soltanto
alle stelle che splendono in alto.
Fiume latteo, mi inondano
quelle stelle di sogni veritieri,
e in un deserto senza confini
allevano per me fiori non terreni.
E tra quei fiori, in quella eterna estate,
di quell’argento stellare madida,
come bella tu sei e come puro, libero,
in quella chiarità siderale è l’amore.

dagli USA: Sylvia Plath

16/02/2019

……….Specchio

Sono esatto e d’argento, privo di preconcetti.
qualunque cosa io veda subito l’inghiottisco
tale e quale senza ombre di amore o disgusto.
Io non sono crudele, ma soltanto veritiero –
quadrangolare occhio di un piccolo iddio.
Il più del tempo rifletto
sulla parete di fronte.
E’ rosa, macchiettata. Ormai da tanto tempo la guardo che la sento
un pezzo del mio cuore. Ma lei c’è e non c’è.
Visi e oscurità continuamente si separano.

Adesso io sono un lago. Su me si china una donna
cercando in me di scoprire quella che lei è realmente.
Poi a quelle bugiarde si volta: alle candele o alla luna.
Io vedo la sua schiena e la rifletto fedelmente.
Me ne ripaga con lacrime e un agitare di mani.
Sono importante per lei. Anche lei viene e va.
Ogni mattina il suo viso si alterna all’oscurità.
In me lei ha annegato una ragazza, da me gli sorge incontro
giorno dopo giorno una vecchia, pesce mostruoso.

dalla Russia: Boris Pasternàk

14/02/2019

Primavera

Primavera, io vengo dalla via, dove il pioppo è stupito,

dove la lontananza sbigottisce, dove la casa teme di crollare,

dove l’aria è azzurra come il fagottino della biancheria

di colui che è dimesso dall’ospedale!

Dove la sera è vuota come un racconto interrotto,

lasciato da una stella senza continuazione

per rendere perplessi mille occhi tumultuosi,

insondabili e privi di espressione.

dagli USA: Thomas Stearns Eliot

07/01/2019

P A E S A G G I

New Hampshire

Le voci dei fanciulli nel frutteto

Fra il tempo dello sboccio e della frutta:

Una testa dorata, un capo cremisi,

Fra il verde della cima e la radice.

E un’ala nera sopra vi volteggia, e un’ala bruna;

Vent’anni, e primavera è passata; 

Il presente dolora, il domani dolora,

Coprimi allora, luce nel fogliame;

Una testa dorata, un’ala nera,

Si uniscono, oscillano,

Germogliano, cantano,

Oscillano nell’albero di mele..

 

 

dall’Uruguay: Idea Vilariño

29/12/2018

…..Ti sto chiamando

Amore

dall’ombra

dal dolore

amore

ti sto chiamando

dal pozzo asfissiante del ricordo

senza che nulla giovi

né ti attenda.

Ti sto chiamando

amore

come il destino

come il sonno

come la pace

ti sto chiamando

con la voce

con il corpo

con la vita 

con tutto ciò che ho

e che non ho

con disperazione

con sete

con pianto

come se tu fossi aria

e io affogassi

come se tu fossi luce

e io morissi.

da una cieca notte

da oblio

da ore chiuse

in solitudine

senza lacrime né amore

ti sto chiamando

come la morte

amore

come la morte.

 

……….Idea Vilariño

(Montevideo 18.8.1920 – 29.4.2009)

Inverno, rigida stagione e l’attesa

15/02/2018

               

………………..Filo a filo

Sorveglio attento,

d’inverno,

l’erba smunta.

Raggrinzita

contratta per il gelo.

Filo a filo compatta,

un grigio muro,

del raggio primo in attesa

a Primavera.

La gelida stagione

non dà tregua,

ma l’erba si prepara

ad esser prato.

E ancor sarà così,

come in passato.

Nel breve un’esplosione di colori

e’l verde

che ritorna ad esser campo.

 

dall’Ungheria: Gyula Juhàsz

25/01/2015

marc-chagall-gli-innamorati

 

 

E'amore2