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14/11/2016
Un’amica romana, blogger anch’essa (e di indubbia qualità), discettando su “Born in the U.S.A”, la famosa canzone del “Boss”, introduceva, sotto traccia, il risultato principale delle recenti elezioni statunitensi: la vittoria di Trump. Da parte mia, a commento del Suo bel post, scrivevo:
“Trump ? Staremo a vedere. Direi che la presidenza gli viene dalla paura dei Repubblicani a confrontarsi con Hillary (da loro già data
per vincente) che non hanno voluto “bruciare” quelli fra loro migliori; I Democratici, invece, anch’essi certi della vittoria di Hillary ,
hanno azzoppato Sanders che, forte dell’appoggio dei giovani trascinati dalla sua oratoria vibrante e ricca di temi sociali, avrebbe, ragionevolmente potuto vincere.
Così il popolo statunitense s’è beccato Trump. Speriamo bene. Ma molte vignette USA mostrano la Statua della Libertà assai triste.”
Riflettendo ho pensato che è necessario aggiungere qualche cosa riconoscendo, da parte mia, gli errori di valutazione politica riguardo ad una “campagna” che avevo seguito con malcelato interesse.
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La mia cantonata è stata quella di credere alla vittoria della Clinton in Florida. Quando mai! Associando i cubani, là presenti, ai “latinos” spersi in quell’immenso Paese, che in larga misura ai seggi hanno votato la Clinton, ho commesso l’Errore degli errori. Non avevo riflettuto sul fatto che i cubani di Florida, geograficamente a due passi dal Paese dove hanno lasciato l’anima (e spesso grandi interessi e proprietà terriere e immobiliari) avrebbero fatto pagare ad Hillary (democratica) l’apertura di Obama (democratico anch’esso) a nuove relazioni con Cuba. I cubani (gli ancor vivi fra coloro che decenni or sono scapparono dall’isola ed i loro figli e nipoti) non volevano, nei confronti di Cuba alcun riavvicinamento. Erano sicuri che il regime castrista, alla lunga, di fronte alla durezza USA ed all’ormai disinteresse della Russia, sarebbe caduto permettendo a loro di ritornare a L’Avana in pompa magna. Hanno fatto così il gioco di Trump.
Avevo invece azzeccato la debolezza democratica negli Stati industriali (anche se non nella misura accertata), Stati, in passato, a prevalenza democratica. Numerosi di essi, ad urne chiuse, si sono scoperti Repubblicani. I “blue collar” (senza distinzione di pelle) colpiti dalla crisi industriale, senza più un posto di lavoro e nel dubbio di poterne trovare uno a breve termine, avevano cambiato cavallo favorendo Trump nella speranza che le sue promesse (rilancio industriale, dazi nuovi alle importazioni, riapertura delle fabbriche, etc.) non siano parole al vento.
Così gli Stati Uniti d’America si scoprono e si mostrano come un Paese frastornato. Due metà che non riescono a fare un’unità. Il compito di un Presidente deve essere quello di riunificare la Nazione. Ne sarà in grado Trump ?
Il “sentire” attuale del partito della Clinton e della Clinton stessa non collima con buona parte degli americani e questo a prescindere dal fatto che in Europa Hillary sarebbe stata Presidente perché con più voti individuali ricevuti rispetto a Trump.
Gli è, a mio avviso, che anche il partito Repubblicano non è allineato con i propri elettori. Trump, invece, lo è … con circa la metà del Paese.
La maggioranza repubblicana a Camera e Senato non è la vittoria del partito Repubblicano. E’ l’esito dell’effetto di trascinamento di Trump a favore del Suo partito. Trump, in altri termini, ha fatto da locomotiva ad un partito che, in larga misura sino a ieri, non l’amava. Gli assicureranno sempre e comunque i voti per governare a modo suo? Saprà Trumps adeguarsi al gioco di squadra?
Quale sarà il “Trump pensiero” nei rapporti internazionali? Chi ne ha seguito la “campagna” crede forse di saperlo, ma si è mai visto un politico che, vinte le elezioni, realizza totalmente le sue promesse? Dubito che Trump sia il primo.
Certo è che creerà tensioni col Messico, riavvicinamento alla Russia (ridisegnando le reciproche sfere d’influenza), minor impegno statunitense in Asia (e la Cina ne trarrà, politicamente, vantaggio) ed in altre zone calde del Pianeta, sfilacciamento con l’Europa già assai provata dalla propria incapacità ad evolversi e pronta ad abbandonare definitivamente il sogno continentale a dispetto dei tanti giovani che ancora lo sognano.
E chissà cos’altro ci si potrà aspettare. Certo, se è vero che quando a Trump chiesero cosa pensasse del Belgio la risposta fu “E’ una bella citta’”, beh permettetemi di non aggiungere altro. Almeno per un po’.
In perfetta amicizia.
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..banzai43
Tag:America, Belgio, blue collars, boss, Camera, Cina, Clinton, Cuba, cubani, Democratici, Donald Trump, Europa, Florida, giovani, Hillary, Hillary Clinton, industria, latinos, Obama, Partito Democratico, Partito Repubblicano, Pianeta, Presidente, Repubblicani, Russia, Sanders, Senato, Stati, Statua della Libertà, Trump, USA
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06/11/2016
Di questi tempi si parla molto di Brexit. Della fuoriuscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Dell’indicazione da parte della Suprema Corte Londinese del Parlamento e non del Governo di Sua Maestà, quale Organo decisore ultimo circa tempi e modalità della separazione. Si tocca con mano il fastidio e l’irritazione
di molti Governi. Di quello tedesco in particolare. Storico è l’odio-amore dei francesi per i dirimpettai inglesi. E l’Italia?
Non so bene quali siano, se ve ne sono, precedenti storici di antipatia fra britannici ed italiani. Certo è che qualche cosa deve esserci o, quanto meno esserci stato per il “nostro” Vincenzo Monti se, in un passato poco prossimo (siamo nel 1802) ebbe a scrivere:
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All’Inghilterra
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Luce ti nieghi il sole, erba la terra.
Malvagia che dall’alga e dallo scoglio
Per la via de’ latron salisti al soglio
E con l’arma di Giuda esci alla guerra.
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Fucina di delitti, in cui si serra
Tutto d’Europa il danno ed il cordoglio,
Tempo verrà che abbasserai l’orgoglio
Se stanco alfin pur Dio non ti sotterra.
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La man che tempra dei Latini il fato
Ti scomporrà le trecce, e fia che chiuda
Questo di sangue umano empio mercato.
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Pace avrà il mondo, e tu, feroce e cruda
Nel mar tiranno, all’amo abbandonato
Farai ritorno, pescatrice, ignuda.
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Tag:Brexit, cordoglio, Dio, erba, Europa, Francia, Giuda, Gran Bretagna, Inghilterra, Italia, latini, mare, mercato, orgoglio, sangue, sole
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12/07/2015
Amo la Grecia intensamente e non ho nulla contro il popolo tedesco.
Conosco, come ormai tutti, gli inganni dei passati governanti greci perpetrati a danno dei cittadini ellenici così come non disconosco il montante risentimento germanico nei confronti dell’Ellade, alimentato ad arte dal Governo presieduto da Angela Merkel, preoccupata di perdere consensi alla prossima tornata elettorale ed in particolare dal Ministro delle Finanze Wolfgang Schauble che, apparentemente pieno di livore verso la Grecia tutta, sembra essere in grado di imporre il proprio volere alla Merkel, Cancelliere del Suo stesso Governo.
Perché non dare respiro ad una Grecia stremata?
Perché volerla ancor più in ginocchio a pietire, a soffrire?
Perché volerla ancor più umiliare di quanto Lei stessa si sia sentita e si senta umiliata?
Ho seguito la vicenda Greca sin dall’inizio, analizzato la caduta del precedente Governo dopo l’affermarsi di Syriza, la nascita del Governo di sinistra, la leadership di Tsipras, le provocazioni di Varufakis, il piano Junker, il Referendum e la prevedibile vittoria del No, la successiva capriola di Tsipras col piano da presentare all’Europa, con tantissime ruvidezze verso il proprio popolo, approvato dal Parlamento non senza avergli fatto perdere per strada parte dei propri compagni di partito.
Cos’altro vogliono la Germania e quelli che appaiono, ormai, come suoi stati-satelliti. Anche il sangue dopo le lacrime? Un volgersi ad est della Grecia che potrebbe lasciare la NATO proprio quando meno certa è l’alleanza sul fronte turco? Navi da guerra russe libere di percorrere l’Egeo e, quindi, l’intero Mediterraneo? La penetrazione economico-politica cinese ancor più massiccia di quella da tempo strisciante?
Non mi considero certo un politico, ma queste sono considerazioni che chiunque legga un quotidiano, pur se modesto, può fare senza fatica.
Giorni or sono ho ascoltato l’intervento di Tsipras in Europa. In alcuni passi sopra le righe, con tratti di demagogia, ma
pure con palesi verità e l’evidente necessità di risvegliare l’orgoglio greco per tenerlo ancora una volta unito, nella speranza come nella sofferenza. Ha tratteggiato un’Europa di burocrati, asservita alla finanza anziché alla ricerca della fratellanza, della cooperazione, della felicità. Un’Europa senza cuore, senza ideali, dove la misura dei pomodori o la polvere del latte contano di più di un bimbo che piange, di un vecchio senza mezzi per tirare avanti, di un padre senza lavoro.
Forse sarà questa l’Europa dell’immediato, un’Europa senza sogni destinata a dissolversi ed a lasciare ferite e rancori. Un’Europa senz’ali, prossima a schiantarsi per egoismo, per stupidità, per avidità.
Tsipras in tal caso avrà perso ed il Suo destino sarà quel che sarà, ma avrà combattuto la Sua battaglia per il rispetto dovuto ad un popolo quale che esso sia.
Jaques Jaujard, responsabile museale francese degli anni ’50 ed eroe della resistenza di quel Paese pare aver detto:
“Ci sono battaglie che non è un disonore perdere.
E’ un disonore non combatterle”
Tsipras ha combattuto la Sua.
Buona domenica a tutti.
banzai43

Tag:Angela Merkel, DSchauble, Egeo, Ellade, Europa, greci, Grecia. Germania, lacrime, Mediterraneo, Merkel, NATO, orgoglio, Parlamento, partiti, partito, Russia, sangue, Schauble, tedeschi, Tsipras, Tsipras. Syriza, Turchia, umiliazione, Wolfgang Schauble
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25/05/2014
Oggi
teniamo su la baracca
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per l’Europa
tutti al voto.
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Buona domenica.

banzai43
Tag:Bruxellesw, cittadini, euro, Europa, europei, gente, libertà, Nazioni, Paesi, popoli, Strasburgo, voto
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16/03/2014
Mai ho giudicato le persone in base all’età.
Nel corso della mia vita ormai lunga, dopo insegnanti naturalmente più anziani di me, ho avuto colleghi di lavoro ed anche amici di ogni età e da tutti, maggiori o minori di me, qualche cosa ho appreso: dai loro insegnamenti o dalle loro esperienze.
Ne consegue che non sono né sorpreso né angustiato se Matteo Renzi, attuale Segretario del PD, abbia “solo” 39 anni e presieda un Governo. In altri termini non crea in me alcun timore così come non m’impensierisce, la sua presunta inesperienza. Posto che chi ha governato, in passato, una Provincia non facile o una città, certamente complessa come Firenze, possa definirsi “senza esperienza”.
Sono, invece, un poco infastidito da alcuni suoi atteggiamenti guasconi, ma non posso pretendere di aver il Presidente del Consiglio dei Ministri “su misura”. Quel che m’importa, invece, è che lui abbia idee vincenti, ne sappia imporre l’accettazione al Paese salvaguardando le minoranze più deboli, abbia la capacità di gestire con mano sicura e convincente, l’intera compagine di Governo. Il “Suo” Governo. Quello da Lui fortemente voluto “non per cambiare il Governo”, come ha detto, ma “per cambiare l’Italia”.
Certo di “movimento” ne ha già fatto molto pur se, al momento, i risultati appaiano modesti e poco visibili al di là delle tante parole. E’ però altrettanto vero che “ha appena cominciato” e l’apparato della burocrazia statale, attraverso i suoi vertici apicali, non concede sconti ad alcuno, men che meno a lui, temuto dai burocrati, che lo percepiscono (così io credo) come un “tornado”, forse in grado di far cadere parte dei loro privilegi (non tutti, suvvia, ci mancherebbe!) semplificando numerose procedure, riducendo assai l’impianto burocratico esistente e, conseguentemente, comprimendo il loro, attuale, immenso potere capace di condizionare/bloccare le reali novità, quando a loro sgradite, presentate dagli Esecutivi italiani tutti, quello di Renzi incluso così come sempre è avvenuto in passato. E come, certamente, sperimenterà anche Matteo Renzi se già non lo ha verificato sulla propria pelle.
Di Renzi mi piace l’italianità ovvero quel parlare al mondo (all’Europa in particolare) riconoscendo il dovere dell’Italia di mantenere gli impegni presi senza, per questo, sentirsi lo studente che, con fastidio malcelato, fa i compiti e si reca poi, timidamente, cappello in mano, dai professori nella speranza di un buon voto. In Renzi c’è un orgoglio italiano che forse il Paese (per i trascorsi e le magagne che mostra giornalmente) non dovrebbe provare, ma che consente, almeno a me, di sentirmi moralmente più attivo e meglio rappresentato nei confronti dei Paesi terzi.
Per chiudere. Lasciamo che Renzi lavori con tutto l’impegno di cui è capace e facciamo tutti il tifo per lui. Non dobbiamo pensare alla nostra appartenenza (destra, centro o sinistra che sia) come abbiamo fatto in altri momenti.
Si tratta invece dell’Italia, un Paese da rilanciare economicamente aprendo agli investimenti stranieri (eliminando, contemporaneamente ed il più possibile, il puzzo del marciume esistente), rilanciando i consumi e creando le condizioni per nuovi posti di lavoro e nuovi investimenti. Un compito da far tremare i polsi con rischi politici che Renzi ha accettato di correre.
Come dicevo lasciamo, ora, che Renzi, lavori. Tornerò in argomento, diciamo fra 6 mesi, per fare il punto della situazione. Allora, forse, potremo stabilire se il fiorentino Matteo è uno statista, un buffone o un parolaio senza costrutto.
Dovessi trovarlo molto simile a Berlusconi mi infastidirebbe non poco.
Buona domenica e buon futuro a tutti (con tanta speranza).

banzai43
Tag:cambiamento, cambiare, Esecutivo, Europa, Firenze provincia, governo, Italia, Matteo, Matteo Renzi, ministri, Renzi
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24/03/2010
La guerra dei club
Il 15 Marzo Gazeta Wyborcza, in base alle conclusioni
di un analista bulgaro (Ivan Krastev), faceva il punto sulla situazione
europea. Ne è uscito un articolo interessante. Ve ne
propongo qualche stralcio, a mio giudizio fra i più
significativi, per fare un poco di bla bla bla anche
sull’Europa della cui unificazione si evita, ormai, di parlare.
E, per come la penso io, è un errore.
Ma attenzione. Non è finita. Sta per aprirsi
il capitolo Portogallo. Cosa seguirà?
banzai43

I membri fondatori contro gli ultimi arrivati, gli stati insolventi contro quelli virtuosi, i governi che chiedono continuamente contro quelli che penano ad accettare le conseguenze dell’Unione. (Omissis) … una nuova faglia che divide l’Unione europea.
Diciamoci la verità: se la Grecia fosse un paese dell’Europa centrale la “crisi greca” non ci sarebbe mai stata. Primo, Germania e Francia non avrebbero mai ammesso nella moneta unica un paese specializzato in inefficienza economica, pessime abitudini politiche e con un gran talento per la contabilità “creativa”. Secondo, se anche la Grecia “centroeuropea” fosse finita in qualche modo nell’eurozona, c’è da scommettere che Bruxelles avrebbe tenuto sotto stretto controllo le finanze di Atene. Ma la Grecia non è in Europa centrale. Mentre la Commissione europea combatte a spada tratta la corruzione nei paesi del “club Yalta” gli altri, specialmente quelli del “club Med”, godono di un trattamento da europei virtuosi senza esserlo neanche lontanamente.
Immaginate un primo ministro bulgaro o romeno che controlla l’80 per cento dei media nazionali … Immaginate il capo di governo della Romania che si rifiuta di congelare i salari nonostante la crisi e gli ammonimenti di Bruxelles. L’Europa non è uguale per tutti: se succede a Sofia o Budapest è uno scandalo oltraggioso, se succede a Roma o Madrid è un piccolo fastidio. … Altrettanto preoccupante è la politica economica dell’attuale governo spagnolo, ma nessuno si azzarda a sollevare una critica aperta.
Bruxelles è sicuramente responsabile per la tragedia economica della Grecia. Il ruolo del governo dell’Unione è comparabile a quello recitato dai revisori della Arthur Andersen nello scandalo Enron. La crisi greca ha svelato una realtà inquietante nascosta dietro alla retorica della solidarietà europea. L’Ue parla di solidarietà ma gli stati europei non ne vogliono sapere. Per rendersene conto è sufficiente pensare che il 70 per cento dei tedeschi vogliono la Grecia fuori dall’Euro. Recentemente un membro del parlamento tedesco ha consigliato ad Atene un brillante rimedio per i problemi del paese: vendere qualche isola. Nel frattempo i media greci tirano fuori una storia dietro l’altra sull’occupazione nazista della Grecia … Diversamente da quanto si aspettavano molti politici e analisti, la crisi economica non ha risvegliato in Europa nessuno spirito di solidarietà. Anzi, è successo l’esatto contrario: la paura e la rabbia scatenatesi nei cittadini europei hanno partorito un sentimento di “rinazionalizzazione”.
Ed è l’Europa del sud, non quella centrale, il punto debole dell’economia comunitaria. Un anno fa si temeva che l’Europa centrale non avrebbe saputo affrontare la crisi in arrivo perché troppo viziata, politicamente instabile e con un’economia eccessivamente liberale. Oggi è evidente che le cose stavano e stanno diversamente. È l’Europa del sud – inconsistente, arretrata e lasciata troppo libera da Bruxelles – che non è in grado di rispondere alle sfide dell’emergenza economica. La differenza tra Ungheria e Grecia non sta nelle dimensioni dei problemi da affrontare, ma nella volontà politica dei governi di pagare il prezzo per uscire dal pantano. Al momento gli stati europei fuori dall’eurozona rispettano i criteri di Maastricht molto più di quelli che ne fanno parte. La Polonia è l’unica economia della Ue che non è stata colpita dalla recessione. Per dirla con le parole del primo ministro lituano, “fino a quando un paese non è membro della moneta unica i criteri di Maastricht bisogna applicarli seriamente. Ma una volta che sei dentro puoi fare praticamente quello che ti pare”.
L’Europa centrale può vantarsi di aver superato il test della crisi (almeno finora) e di aver dimostrato di essere la zona europea più pronta ad affrontare i cambiamenti. Ciononostante ha molto da perdere se l’Ue fraintenderà le cause della crisi greca e si abbandonerà ai suoi peggiori istinti. Secondo la maggioranza degli economisti, essere fuori dall’eurozona è un problema quando l’euro è in salute, ma è ancora peggio quando la moneta unica è in crisi. Paesi come Bulgaria ed Estonia temono oggi che la “ricompensa” per aver rispettato i dettami di Maastricht sarà un altro lungo stallo nella sala d’attesa dell’Euro.
La loro preoccupazione è che Francia e Germania, spaventate dalla vulnerabilità dei “Piigs” (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna), concentrino le forze per consolidare l’eurozona prima di allargarla. La crisi economica ha avuto effetti collaterali: oggi l’Ue è più divisa di quanto lo sia mai stata dall’inizio della guerra in Iraq. Fortunatamente, non è più una questione di “vecchia Europa” contro “nuova Europa”, ma di stati dell’euro contro gli altri. Sfortunatamente, se date un’occhiata a una cartina geografica vedrete che l’eurozona coincide con la vecchia Europa e gli altri sono quasi tutti i paesi del club Yalta. (as)
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Tag:club Med, club Yalta, euro, Europa, finanza creativa, Francia, Germania, Grecia, nord, paesi spendaccioni, paesi virtuosi, sud
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