Archive for luglio 2018

Mancare di poesia

28/07/2018

LA BANALITA’

Le vite banali producono solo azioni banali

e la frivolezza è il destino sicuro

di quanti non meditano, riflettono o pensano

e sanno solo agitare la coda.

Le vite banali fanno a pugni con la poesia

quell’allegria piena di universo

– che ci ha insegnato Ungaretti –

ossia vivere il linguaggio come una festa

mero pentimento del silenzio

coltello nel testo e respiro

nella voce e in latenza.

La banalità è mancare di poesia

ed essere feriti dalla vita

irrimediabilmente.

Mempo Giardinelli

Scrittore e giornalista argentino

Scegliere e lasciare il proprio segno

24/07/2018

.

E’ impossibile non scegliere, ognuno di noi è chiamato a lasciare un segno sulla tela bianca della vita, perché scegliere definisce e compie la nostra identità.

Alessandro D’Avenia

Corriere della Sera, 21 luglio 2018

degli studiosi e degli intellettuali

14/07/2018

da “L’università del crimine”

di Petros Markaris

……….

“Ai nostri giorni non esistono più gli studiosi. Ci sono rimasti gli intellettuali”

“E che differenza c’è ?” gli chiedo ……….

” Gli studiosi sono uomini e donne che vivono nelle biblioteche, studiano e producono lavoro scientifico: Gli intellettuali sono specialisti in generalizzazioni e, soprattutto, sono convinti di possedere un sapere esteso a tutto lo scibile umano. Gli studiosi hanno conoscenze; gli intellettuali hanno opinioni che amano esprimere in ogni occasione. L’espressione della propria opinione è intrecciata con due caratteristiche, ognuna delle quali ha una ricaduta sessuale”

“Sessuale ?” ripeto come se non credessi alle mie orecchie ………. 

“Esatto: sessuale,” ripete. La prima è la lussuria dell’analisi. Devono analizzare tutto. Soffrono di una malattia per cui non è ancora stata trovata una cura: l’analisite. L’altra caratteristica è il piacere di ascoltarsi. Si ascoltano mentre parlano e si eccitano sessualmente.

………. “Non ci sono più studiosi, così come non ci sono più professori d’università, signor commissario” ……………….

A te, cagnina mia dolcissima

10/07/2018

A Maya, cagnina amatissima

      (5.12.2005 – 6.6.2018)

 

Amica mia dolcissima.

Compagna silenziosa

attenta sempre,

di pronto scatto appena

mi muovevo,

ti volgevi a cercarmi

se tardavo.

 

Ora non più.

La vita t’ha lasciata

ed io rimpiango i tuoi

salti armoniosi,

il passo lesto e altero,

gli occhi tuoi dolcissimi,

l’attenzione al mio fischio,

la tua amicizia, persa.

 

(Milano, 9.7.2018)

 

 

 

 

del calcio: l’arbitro

08/07/2018

L’arbitro

Quando io giocavo a pallone, più di trent’anni fa, in Patagonia, l’arbitro era il vero protagonista della partita. Se la squadra locale vinceva, gli regalavano una damigiana di vino di Rìo Negro; se perdeva, lo incarceravano. E’ chiaro che la cosa più frequente era il regalo della damigiana, perché l’arbitro e i giocatori ospiti non avevano la vocazione al suicidio.

C’era, a quei tempi una squadra che in casa era imbattibile: Barda del Medio. Il paese … se ne stava inchiodato in mezzo alle dune con una strada centrale … e, più in là casupole di mattoni … Sulle rive del fiume … c’era il campo, circondato da una recinzione di fil di ferro intrecciato con una tribuna di legno di una cinquantina di posti.

Io giocavo nel Confluencia, … paese fondato all’inizio del secolo da un ingegnere italiano …

Il Confluencia non s’era mai piazzato più in là del sesto posto, ma a volte batteva la squadra campione. Molto di rado ma le facevamo prendere un bello spavento.

Quel giorno dovevamo giocare sul campo del Barda del Medio, dove mai nessuno aveva vinto.

I ragazzi del Barda del Medio … picchiavano come se fossero in guerra. Per loro che quando andavano in trasferta finivano sempre travolti da una goleada, era impensabile perdere in casa.

L’anno prima li avevamo sconfitti sul nostro campo per quattro a zero e avevamo perduto a casa loro per due a zero … Il fatto è che nessuno osava giocare da pari a pari perché circolavano leggende orribili sulla sorte dei pochi che avevano osato segnare un gol nella loro fortezza.

… L’arbitro arrivava per tempo, pranzava gratis e poi espelleva il più bravo della squadra ospite e fischiava un rigore senza che fosse passata la prima ora  … Dopo andava a ritirare la damigiana di vino e magari, se la partita era finita con una goleada, si fermava per il ballo.

Io ero molto giovane … e volevo conquistarmi il posto da centravanti con il fiuto per il gol. Gli altri erano ragazzi rassegnati che andavano fin laggiù per rimanere poi al ballo e cercare un’avventura con le ragazze delle fattorie lì intorno. L’arbitro Gallardo Pérez, uomo severo e dalla pessima vista, è venuto nello spogliatoio … a dirci di non tentare di fare i furbi con la squadra ospite. Gli abbiamo detto ….  che cercasse, magari, di non farci spaccare le gambe. … promise che lo avrebbe detto al loro capitano … un terzino veterano che aveva un cattivo carattere e mollava calci come un asino. … il capitano mi si è avvicinato e m’ha detto: “Senti ragazzo, non fare il fesso perché io ti appendo a un albero”. … Gli ho detto di non preoccuparsi e l’ho chiamato “signore”, … ha fatto un cenno di approvazione e se n’è andato a dare lo stesso avviso agli altri attaccanti.

… Ma quel giorno, purtroppo, erano senza punte, e senza fortuna. Tutti noi abbiamo tentato il possibile per infilare la palla nella nostra porta, ma non c’è stato niente da fare. Se il nostro portiere la lasciava rimbalzare in area, loro tiravano fuori. Se i nostri difensori cadevano, loro la mandavano …. tra le mani del portiere.

Alla fine …  sempre più nervoso Gallardo Pérez, ha espulso due dei nostri e ha fischiato due rigori. Il primo è passato sopra la traversa. Il secondo ha preso il palo. Quel giorno … non avrebbero infilato un gol nemmeno nell’arcobaleno.

Il problema sembrava insolubile … ci insultavano e dicevano addirittura che giocavamo sporco. … La situazione è precipitata a cinque o sei minuti dalla fine … abbiamo saltato insieme e lui (il terzino) cercando di refilarmi una gomitata ha lisciato la palla ed è caduto.   … un vuoto che mi entrava nelle ossa mentre mi portavo la palla verso la loro porta, solo come un frate spagnolo.

Il portiere del Barda del Medio non ci capiva più niente. Non solo non riuscivano a segnare … ma, … gli stava andando addosso uno … Allora è uscito a chiudermi alla disperata cosciente che … se non mi avesse fermato per lui ci sarebbe stata una serata senza balli e, magari, mi avrebbe dovuto fare compagnia sull’albero di sinistra fama. Lui ha fatto quel che poteva io quello che non dovevo. … ho visto con l’incoscienza dell’adolescente, che aveva le gambe storte come banane e mi sono scordato … di Gallardo Pérez, e ho scorto la gloria.

Ho finto una schivata e ho toccato la palla di sinistro, un tiro corto e delicato, con il collo del piede, per farla passare in quella parentesi che gli si apriva sotto le ginocchia.  … ha abboccato alla finta e si è buttato in modo vistoso, sicuro di aver salvato l’onore e il ballo del Barda del Medio. Ma la palla gli è passata in mezzo alle caviglie come una goccia d’acqua che scivola fra le dita.  … e mi sono messo a esultare. Ho corso per più di cinquanta metri con le braccia in alto e nessuno dei miei compagni è venuto a congratularsi. Nessuno mi si è avvicinato mentre mi lasciavo cadere in ginocchio, come faceva Pelé nelle fotografie che pubblicava “El grafico”.

Non ho visto se l’arbitro avesse fatto in tempo a convalidare il gol perché era così tanta la gente che aveva invaso il campo e aveva incominciato a picchiarci, che tutto all’improvviso divenne molto confuso. Mi hanno colpiti in testa con la valigia del massaggiatore, che era di legno, e quando si è aperta tutti i flaconi si sono sparpagliati a terra e la gente li raccoglieva per pestarceli sulla testa.

… i poliziotti sono arrivati mezz’ora dopo, quando ormai avevamo le ossa rotte e Gallardo Pérez  se ne stava in mutande avvolto nella rete che avevano strappato ad una delle porte.

Ci hanno portati al posto di polizia … il commissario ci ha fatto un discorso sull’ordine pubblico e sullo spirito sportivo e ha ordinato che ci portassero a … strappare le erbacce con le mani, del campo vicino … mentre gli indignati abitanti del Barda del Medio …  ci tiravano altri sassi e persino qualche bottiglia vuota.

… ci hanno messi tutti ammucchiati in due celle e abbiamo dovuto prenderci cura dell’arbitro Gallardo Pérez, che sembrava un pollo disossato, per via dei suoi ematomi, dei suoi crampi e per un attacco d’asma.

… Al mattino dopo, mentre ci trasferivano con un autobus sconquassato e senza vetri, sotto una pioggia di sassi, il nostro portiere, Cacho Osorio, mi si è avvicinato per dirmi che a lui un gol così non glielo avevano mai fatto. “Ha abboccato alla finta quel fesso” …

Quando si è svegliato, … , Gallardo Pérez mi ha riconosciuto e mi ha domandato come mi chiamassi. Era ancora in mutande ma aveva il fischietto che gli pendeva dal collo come una medaglia.

“Non si faccia mai più vedere da me”, mi ha detto, e la saliva gli colava agli angoli della bocca. “Se la incontro di nuovo su un campo di gioco io la rovino, glielo garantisco”.

“Ha convalidato il gol ?”  gli ho domandato.

“Certo che l’ho convalidato!” ha risposto indignato, … “Per chi mi prende? Lei è un coglione vanitoso, ma quello era un gol come si deve,  e io sono uno come si deve”.

“Grazie” gli ho detto e gli ho porto la mano. Non ha prestato attenzione al mio gesto e mi ha indicato i denti che gli mancavano.

“Vede qui?” mi ha detto. “Questo è stato un gol di Sivori in fuori gioco. Adesso pensi un po’ dove sta lui e dove sto io. A Dio non piace il calcio, ragazzo. Perciò questo paese va così, come la merda”.

Osvaldo Soriano

Gallardo Pérez, arbitro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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del calcio: Maglie senza sponsor

05/07/2018

Maglie senza sponsor

Trent’anni fa c’era un altro mondo, c’erano altri ideali e, come potete immaginare, c’era un altro calcio. Il calcio dei giocatori-bandiera, delle maglie senza sponsor, degli ingaggi contenuti, dei numeri che connotavano il ruolo, degli stadi che erano stadi e non faraoniche, grottesche cattedrali.  ……  

Non c’erano i procuratori e i giocatori trattavano l’ingaggio di persona. A fine carriera un mediocre terzino destro poteva, come massima aspirazione, aprire un bar nel paese natio. Il poster dei tempi d’ora appeso a una parete testimoniava un fulgore, una gloria, seppur minima.  …

I portieri avevano maglie spesse di lana. Nere o bianche. Con quel numero 1 così grande da racchiudere chissà quali segreti. C’era ….

da “Il calciatore”  di Darwin Pastorin

del calcio: Il giocatore

05/07/2018

Il giocatore

…. Corre ansimando sulla fascia. Da un lato lo aspettano i cieli della gloria, dall’altro gli abissi della rovina. Il quartiere lo invidia: il giocatore professionista si è salvato dalla fabbrica o dall’ufficio, lo pagano per divertirsi, ha vinto la lotteria. E anche se deve sudare come una fontana, senza avere diritto a stancarsi né a sbagliare, lui è sui giornali e in televisione, le radio ripetono il suo nome, le donne sospirano per lui e i bambini vorrebbero imitarlo. Ma lui, che aveva iniziato a giocare per il piacere di giocare, nelle strade sterrate della periferia, ora gioca negli stadi per il dovere di lavorare ed è obbligato a vincere o … vincere. 

da “Splendori e miserie del gioco del calcio”    Eduardo Galeano

dall’Argentina: Mempo Giardinelli

03/07/2018

Cos’è una poesia se non paura,
strombazzata, petalo,
incorporea genealogia?
Cos’è la poesia
se non l’emozione violenta
che produce il punto di partenza
verso il mai visto, l’improbabile
o il tramonto?
Qual è il verso finale,
l’imprecisabile verso finale
che sintetizza l’ansia del ritorno?
Cosa resta della poesia, alla fine,
quando si è pensato tutto,
non si è deciso niente
e solo sopravvivono
domande insicurezze solitudine fallimento dubbi
ossia parole, sogni, niente?

Poesie senza patria (Guanda, 2003)

del dire e del tacere

01/07/2018

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Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.

Ludwig Wittgenstein