“Talvolta veniva preso dalla nostalgia, ed era come una lingua di schiuma lanciata all’assalto dello scoglio della sua memoria. Si voltava verso il proprio passato e si ritrovava a pensare a Loan e alle sette notti
d’amore in sua compagnia. Vedeva solo una lunga strada verde e una scia di fragranze, di carezze, di fumo e di pioggia. Poi si ritrovava di colpo nel presente, e il contrasto fra ricordi e realtà lo straziava; ma piano piano le ferite smisero di tormentarlo, e infine si rimarginarono.
Non odiava quella donna. Col tempo imparava ad amarla e a trovarla ancor più incantevole. In lui andava instaurandosi una sorta di certezza che lo rasserenava. Era persuaso che quell’amore si sarebbe sviluppato ogni giorno di più fino al momento della morte. Il loro amore era stato così breve che la sua fiamma non si era mai consumata. Loan gli aveva dato la cosa più bella: la magia dei primi istanti.”
Dal romanzo “Opium” di Maxence Fermine
Archive for aprile 2018
della nostalgia da ricordi e dell’amor perduto
25/04/2018della polemica e del giornalismo
16/04/2018Una risposta a un attacco di giornale rassomiglia molto allo sforzo d’Ercole di tagliare la testa dell’Idra, senza la minima probabilità, come per Ercole, di riuscire.
Theodore Hook
dalla Francia: Jacques Prevert
12/04/2018Prima colazione
(o della famiglia)
Lui ha messo
Il caffè nella tazza
Lui ha messo
Il latte nel caffè
Lui ha messo
Lo zucchero nel caffellatte
Ha girato
Il cucchiaino
Ha bevuto il caffellatte
Ha posato la tazza
Senza parlarmi
S’è acceso
Una sigaretta
Ha fatto
Dei cerchi di fumo
Ha messo la cenere
Nel portacenere
Senza parlarmi
Senza guardarmi
S’è alzato
S’è messo
Sulla testa il cappello
S’è messo
L’impermeabile
Perché pioveva
E se n’è andato
Sotto la pioggia
Senza parlare
Senza guardarmi,
E io mi son presa
La testa fra le mani
E ho pianto.
dall’Austria/Cekia: Rainer Maria Rilke
08/04/2018Era quasi una fanciulla e da questo
unisono felice di canto e lira emerse
e tra i suoi veli primaverili brillò chiara
e nel mio orecchio si preparò un giaciglio.
E in me dormì. E tutto era il suo sonno.
Gli alberi che sempre ammirai, queste
sensibili distese, la presenza dei prati
e tutto lo stupore che mi colse.
Lei dormiva il mondo. Quale perfetto compimento
le hai donato, dio del canto, che non desiderò
prima destarsi? Vedi, lei nacque e dormì
E la morte dov’è? Ne inventerai la melodia
prima che il canto si consumi? In quali profondità
da me si perde ? … Una fanciulla quasi ,,,
dell’ozio e della fortuna
04/04/2018
La fortuna non è fatta pei poltroni, e per raggiungerla, anziché sedere, si deve correrle dietro.
PLUTARCO, Frammenti