Cari amici,
non vi voglio certo tediare spiegandovi il perché della crisi in atto, di chi le colpe, quali le soluzioni. Pochi, forse nessuno sa esattamente cosa fare per risolverla. Così non fosse, probabilmente, accordi sarebbero già stati raggiunti forzando finanche e con una certa pressione i Paesi più virtuosi e, ragionevolmente anche per questo, i più egoisti o, se preferiamo, i meno propensi ad aiutare cicale che molte difficoltà hanno a trasformarsi in formiche.
Con questo post, invece, Vi propongo una parte della Introduzione a “Slow Economy – Rinascere con saggezza” un interessante saggio pubblicato da Mondadori, scritto da Federico Rampini, giornalista di grande qualità, editorialista, capace di ficcanti analisi economiche già autore, fra l’altro di “Il secolo cinese” e di “L’impero di Cindia”, lavori, anch’essi, di grande interesse. L’analisi parte dall’economia americana, ma allargare l’orizzonte ad un lettore attento non costituisce certo un ostacolo.
EccoVi il testo:
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Gli scenari più realistici ormai situano una vera ripresa dell’occupazione americana attorno al 2014. Prima di allora ci attende solo la jobless recovery, cioè la ripresa senza assunzioni. Crescita asfittica e mercato del lavoro immobile. 2014? Cinque anni sono un periodo interminabile. Soprattutto per chi ha perso il lavoro, o ha dovuto ripiegare su impieghi indesiderati e meno pagati, infine per i giovani che concludono gli studi e si presentano sul mercato. La jobless recovery comporta una immensa distruzione di capitale umano. Per i ventenni una attesa così prolungata crea un vuoto incolmabile di esperienza nei primi anni di contatto con la realtà, quelli che dovrebbero essere i più formativi all’uscita dalla scuola e dall’università. Genera un’insicurezza che si traduce in perdita di autostima. Per i cinquantenni un mercato del lavoro congelato fa svanire rapidamente ogni residua speranza di agganciare un’attività. S’infoltiscono le schiere dei prepensionati, o dei “precari maturi” che si arrangiano in attesa della pensione. Anche questo è un fenomeno distruttivo: peggiora gli equilibri del sistema previdenziale; depaupera il mondo delle aziende di una generazione che in passato era portatrice di esperienza e contribuiva alla formazione dei giovani neoassunti. La disoccupazione è tutte queste cose e altro ancora. Lo stress psicologico si diffonde in tanti rivoli, crea milioni di depressi, conflitti familiari, malattie. E’ per questo che i dati sul mercato del lavoro dovrebbero diventare i più seguiti, i più analizzati, ben più importanti di quell’astrazione che è il PIL (Prodotto Interno Lordo).
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…La lettura dei quotidiani, di questi tempi non aiuta. La cronaca “sociale” sembra “cronaca nera”. Ed è bene non andare oltre per non deprimerVi ancor più nel massimo momento vacanziero (per chi può!) dell’anno.
…Da parte mia mi assenterò nuovamente da Milano e mi riproporrò a Voi, quando possibile, tramite wi-fi di fortuna.
Un abbraccio.
banzai43